FARO NELLA NOTTE - RACCONTO EROTICO

Il modo migliore per augurarvi buone vacanze... è raccontarvi una storia!

FARO NELLA NOTTE

Ci avevano messo un po'. Avevano vissuto in città, ma era troppo rumorosa per i loro silenzi fatti di sguardi e nonostante il centro fosse bello, non era il loro centro. Avevano vissuto in campagna, ma era troppo silenziosa per accogliere le loro risate. Avevano girato il mondo per trovare il loro mondo. E lo avevano trovato lì, vicino al faro. Quella piccola casa dalle grandi vetrate a picco sul mare era arrivata per caso, un giorno d’estate quando ormai avevano smesso di cercare, quando ormai avevano quasi abbandonato la speranza di trovare un rifugio su misura e di abbandonarsi a un posto che li contenesse più che ospitasse, le famose quattro mura.

Agata, che era più stabile sui tacchi che sul un paio di Havaianas molto trendy che aveva cocciutamente voluto indossare per dimostrare di poter stare con i piedi per terra, aveva conclamato la sua resa appoggiando la schiena a un vecchio muro, incurante che l’edera o qualsiasi altra cosa potesse macchiare il candore del vestito in sangallo bianco. Aveva guardato Pablo dritto negli occhi senza proferire parola. Loro parlavano anche così, con gli occhi. In quello sguardo un messaggio chiaro, lineare, senza fronzoli: “Ti seguirò anche in capo al mondo, ma tutto questo sali e scendi mi ha distrutto. Fermi-amo-ci un momento”. 
Era seguita una fragorosa risata, complici di una sana propensione a volersi sorprendere ogni giorno innamorati. 
Pablo si era avvicinato come per spostarle i capelli e lei era già pronta ad accoglierlo. Era sicura che la volesse, lì in quel momento, come due ore prima in un parcheggio pubblico  o come la mezz’ora dopo tra l’ombra della pineta e il canto delle cicale. Non esisteva il momento sbagliato per prendersi, solo quello giusto.
Lo stupore si dipinse sul volto di lei, non la cercò, ma delicato spostò i rampicanti dietro la sua amata per andare a scoprire una targhetta in ceramica con la scritta “Casa” dipinta in un bel colore blu Tuareg. Sotto un cartello malamente scritto a mano: “Vendesi”.

Lo stupore infastidito di Agata mutò in un sorriso compiaciuto di chi ha ricevuto un regalo inaspettato. Le prese la mano alla ricerca dell’entrata, che era lì, nascosta tra i gelsomini ribelli. L’eccitazione che li percorreva era quella che accompagna i fanciulli nelle imprese proibite, come entrare nel garage di papà, nello studio del nonno o frugare tra i gioielli di mamma. Senza mai lasciarsi entrarono ubriacati dal profumo di quel giardino sfuggito al controllo dell’uomo ed esploso al comando dell’estate. 
Di fronte a loro una vecchia casa dalla facciata che una volta doveva essere stata bianca, gli infissi in legno ormai corrosi da sole e sale e una grande porta in legno con un battente in ferro, ormai ossidato, con la faccia di Eolo a far da guardiano.
Agata nella sua romantica scaramanzia bussò tre volte all’uscio prima di entrare guardando Pablo come fanno i bambini che credono ancora alle favole. Pablo nella sua radicata razionalità numerica aveva ceduto nel tempo a questo vezzo primitivo che era parte della singolarità di quella donna e che aveva deciso di avere al suo fianco. Lei è così, si era detto.
Al di là della pesante soglia scricchiolante, una cucina in muratura dava direttamente su una grande sala in cui spiccava un tavolaccio in rovere. Doveva aver visto numerose battaglie quel legno.

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E LA STORIA CONTINUA...

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